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L'inquieta alleanza tra psicopatologia e antropologia

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L'inquieta alleanza tra psicopatologia e antropologia

In tale contesto si rende riconoscibile un particolare rapporto di forza che si istituisce fra l'Io, individuale e collettivo, e il Mondo. Il mondo che si rappresenta nell'immaginario di questa popolazione è attraversato da forze di improbabile domesticazione. Queste forze occulte, di sostanza sovrannaturale, primordiali, potenti, decidono del destino individuale e collettivo senza possibilità d'appello.

La donna lupo - Giuseppe De Marco

Tali forze perturbanti possono essere controllate solo mantenendosi all'interno di un campo esistenziale retto dall'interdetto, dal divieto, dal tabù. In questo senso il tabù deve essere inteso come la rappresentazione condensata di tutti gli interdetti possibili - pura emanazione del Sacro e dell'Orrore - inseriti all'interno di un canale espressivo eticamente sostenuto dal gruppo di appartenenza.
L'esistenza certa di queste forze, la loro inviolabilità, tendono a restringere progressivamente il comune operare all'interno di una visione fobica della realtà.

Una delle fantasie prevalenti, riconoscibile sul doppio piano antropologico e psicopatologico, specifica che il mondo dell'umano è minacciato dappresso dalla metamorfosi animale. Accanto all'angoscia di metamorfosi si distende l'angoscia dell'influenzamento a distanza realizzato per mezzo dello sguardo o per mezzo di strumenti inerti in funzione di agenti intenzionali di maleficio.

Il controllo di tali angosce viene affidato al "magaro", il quale si incarica di attivare un processo di personazione e di nominazione delle forze influenzanti. Egli è portatore di una conoscenza specifica che lo qualifica e lo identifica nel ruolo sociale di mediatore retroattivo con le fantasie persecutorie della collettività. Qui si assiste ad una delega totale da parte di una soggettività coscienziale incapace di differenziarsi autonomamente dalle configurazioni del Caos originario.

Il compito del "magaro" è di natura diagnostica e terapeutica.

Il suo intervento viene richiesto per definire tempestivamente il livello dell'influenzamento in atto, il suo grado di pericolosità per scoprire a quale volontà ostile esso debba essere ricondotto. Il mondo delle relazioni intercorrenti tra sistemi umani e non - umani è pertanto percorso da una angoscia fluttuante ed irriducibile.
In esso si dispiegano liberamente i vissuti di depersonalizzazione, di possessione, di metamorfosi somatica, o convinzioni espansive e megalomaniache che pretendono irrealisticamente di assoggettare tale mondo.

I quadri culturali distintivi di tali concezioni si riconoscono nell'affatturamento (De Martino 1959), nella tanatomania voodoo, nella stregoneria antropofagia (Collomb 1978), nella siderazione visiva (Zemplemi e Rabain 1978).

La dimensione del magico appare qui storicamente indubitabile e non negoziabile con la cultura laica che si accontenta di disporsi al suo fianco come un percorso parallelo e provvisorio lungo il quale ogni tanto si avventura il soggetto sociale autoctono.

Entro l'orizzonte mitico - rituale che delimita la persistenza del mondo magico meridionale, le grandi tappe del ciclo biologico, i cicli stagionali, i tormenti e i sussulti dell'ambiente naturale, danno luogo ad un ciclo culturale che indirizza il flusso dell'immaginario individuale e collettivo verso schemi cognitivi e operativi rassicuranti.

Tali costrutti culturali si costituiscono come dispositivi necessari a governare la realtà, a modulare l'angoscia e ad intensificare i legami sociali lungo una trama di riferimento psicologico comunitariamente condivisa. Il patrimonio culturale solidarizza con le spinte evolutive della persona, simbolizzando e tramandando in una tradizione significativa le istanze strutturali della personalità.

In tale contesto l'ideologia folclorica pronuncia un ordinamento discorsivo rivolto alla regolazione dei ruoli sessuali, familiari e sociali, alla codificazione normativa, alla sistematizzazione cognitiva, alla sanzione etica.

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