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L'arte è libera


L'arte è libera.

"Noi portiamo ovunque e sempre nel nostro corpo la morte di Gesù per manifestare con il nostro corpo la vita di Gesù. In effetti, in quanto viventi, noi siamo esposti alla morte a causa di Gesù, per manifestare la vita di Gesù nella nostra carne mortale".

San Paolo

La mia gente - Rosario Foglia

"L'arte è libera. La libertà, nell'accezione comune, ha dei limiti necessari alla convivenza sociale: finisce dove inizia quella dell'altro (individuo).
Di più, la libertà è spesso concepita come spazio d'azione, all'interno di un sistema di convenzioni ritenuto, per le attività umane, il migliore possibile. Dunque, lo stesso linguaggio è il perimetro all'interno del quale si esprimono concetti, argomenti e tesi. La libertà politica si dispiega e si articola entro un complesso di norme che prescrivono possibilità, diritti, doveri e sanzioni.
L'arte non subisce - e non può subire - questo trattamento, questo destino. L'arte travalica i muri innalzati dalla razionalizzazione, dal bisogno (umano) di rappresentazione. Essa non può cedere ad un qualche ordine, ad una misura di intelligibilità, a canoni formali. Fin qui, le considerazioni svolte sono espressamente banali. Ma proprio la loro evidenza, la loro ovvietà, consente di illuminare, attraverso l'analisi dell'opera d'un artista ribelle e della sua struggente poetica, l'universo creativo delle aree depresse e i vincoli di maggioranza posti come freno e ostacolo (finale) alla divulgazione di soggetti e contenuti morali e politici. [...] L'opera d'arte scaturisce, tante volte, dall'assorbimento di colpi inferti ad un'organizzazione minoritaria, dalla lucida coscienza delle ferite, dal tentativo di comunicarle all'Esistente. [...] La Barberio, coi suoi colori di rabbia e candore, e con le figure fuori del tempo, si pone questo obiettivo. E ci riesce splendidamente"
.

Sono pensieri di Sergio Givone, filosofo dell'estetica. Si riferiscono a Pollini del Cielo, un quadro di Maria Costanza Barberio, attrice, scrittrice, musicista e pittrice di San Giovanni in Fiore. L'opera di questo genio, nemmeno maggiorenne, di non facile interpretazione, è stata ultimata dopo un percorso di travaglio interiore: una lunga, incompresa e inedita produzione letteraria, una serie di composizioni musicali sul vuoto beckettiano, una teoria, tutta personale, sui compiti, umani, dell'essere. Prendendo da Givone, si può riflettere sull'humus culturale della Barberio.

L'altopiano silano ha esportato niente, in quanto a opere nate nell'alveo della sua storia di marginalità ed emigrazione.

Ciò per uno stupido ostracismo di massa e per l'incompetenza di tanti amministratori.

Oggi, questa marginalità e l'emigrazione continua prestano solo il fianco ad iniziative di sostanziale speculazione sui valori della nostra civiltà contadina del Novecento.

La marginalità acquisita e l'emigrazione imposta hanno delle cause propriamente politiche - in senso molto ampio. E la ricerca, psicopatologica, antropologica, sociologica, urbanistica, estetica e filosofico-politica, ha mostrato, con chiarezza, non soltanto i traumi del fenomeno migratorio, ancora in corso; ha illustrato, altresì, in maniera scientifica, quanto l'accettazione passiva di modelli di vita, disumani, condizionati e condizionanti, abbia prodotto danni pesanti per la rinascita sociale e forti dissociazioni di genere artistico.

Non è un caso che San Giovanni in Fiore sia la città dei creativi: pittori di talento che non hanno mai ricevuto stimoli, di là dalla sofferenza indotta dal progressivo degrado, musicisti, poeti, scrittori.

Fra di loro, potrei nominarne più di qualcuno: Danilo Montenegro, isolato per il suo coerente anelare alla verità, Rosario Foglia, allontanato per il suo coraggio, Paolo Venturini, deriso per la sua passione, Francesco Saverio Alessio, sottovalutato per assurdità. E, per chiudere, Maria Costanza Barberio, che mantiene con forza il significato e il valore dell'Amore supremo.

C'è un filo rosso che unisce le singole esperienze, le singole vicende di queste anime fuori del coro.

Si tratta di figure che non scendono affatto a compromessi e che hanno compreso il dolore collettivo, vestito di quieta quotidianità appagata. Nella quale, per vero, sono soddisfatti i meri bisogni della sopravvivenza; mentre le necessità dello spirito e dell'intelletto vengono mortificate perché, come ha detto il filosofo Alfonso Maurizio Iacono, "da noi conta più apparire che essere".

Battaglia - Gerardo Civenti

Appunto questa distanza tra forma e libertà, mascheramento e realtà, illusione e verità, è fondamentale per capire le idee della Barberio, per ricostruire gli elementi di una personalità artistica, straordinaria e spiazzante. Maria Costanza Barberio esprime, nelle sue opere, pittoriche, musicali, poetiche e letterarie, la reazione all'indifferenza sociale e spirituale indotta dalle spinte del contemporaneo al consumo, in un contesto, quello locale, di quasi tramontata solidarietà e insincera religiosità. Crede che c'è una dimensione, concreta, in cui l'Amore dell'Onnipotente prende forma nei gesti e nelle scelte degli uomini. Richiama il San Paolo che scrive: "Noi portiamo ovunque e sempre nel nostro corpo la morte di Gesù per manifestare con il nostro corpo la vita di Gesù. In effetti, in quanto viventi, noi siamo esposti alla morte a causa di Gesù, per manifestare la vita di Gesù nella nostra carne mortale". C'è, in questo suo rinvio, una riflessione e un'inquietudine profonda.

Ben raro è trovare degli artisti che lavorino in questa direzione: il pellegrinaggio continuo, attraverso i territori del nichilismo e dell'individualismo attuale - trasferito nei territori di confine, come San Giovanni in Fiore -, per superare l'angusto codice della proprietà, dell'intolleranza e dell'aggressione, attraverso l'impegno personale, nel nome di un ideale universale.

Emiliano Morrone

Il Crotonese: venerdì, 7 novembre 2003



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