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Immigrazione e migrazioni nel Mediterraneo

Cover page reference: Guerre, migrazioni e diritti nel Mediterraneo

Immigrazione in Italia

Generalmente con il termine IMMIGRAZIONE si definisce ogni movimento migratorio individuale o di massa originato da motivi economici, di studio, di lavoro o dall'intento di fuggire da situazioni conflittuali del proprio paese che porta a stabilirsi, in via temporanea o definitiva, in un luogo diverso da quello di origine.

L'immigrazione in Italia è un fenomeno abbastanza recente. Per oltre un secolo terra di emigrazione, il nostro Paese si trova di fronte ad un repentino cambiamento di ruolo ed è chiamato a misurarsi, sul piano culturale e politico, con l'afflusso crescente di uomini e donne di culture, usi e religioni assai diverse tra loro così che l'espressione "società multietnica" è diventata una realtà quotidiana.

Sul piano storico, l'arrivo dei primi flussi migratori comincia nei primi anni '70 con l'inizio della crisi del petrolio. L'Italia viene scelta dagli immigrati che non possono più raggiungere i ricchi Paesi dell'Europa centro-settentrionale a causa delle politiche restrittive e della chiusura delle frontiere da parte degli Stati più industrializzati.

Dalla seconda metà degli anni 80, l'Italia ha visto aumentare in maniera esponenziale il numero degli ingressi di cittadini stranieri; è in questo periodo che il problema comincia ad essere percepito dall'opinione pubblica e gli studiosi intraprendono ricerche più approfondite sulla condizione degli immigrati.

L'Italia, a differenza di altri Stati europei solo da pochi anni si è impegnata ad elaborare politiche sull'immigrazione; durante gli anni '70 e la prima metà degli anni '80, lo Stato ha preferito "non decidere" in materia di immigrazione, lasciando al libero gioco delle forze del mercato il compito di regolamentare i flussi migratori e agli enti locali ed alle organizzazioni assistenziali quello di affrontare, in qualche modo, le emergenze con centri di prima accoglienza, mense, dormitori.

Si tratta di politiche che non hanno tenuto conto dei bisogni e soprattutto dei diritti di chi proveniva da un altro paese fornendo prevalentemente assistenza caritatevole e in assenza di una legge specifica, inoltre, l'unica soluzione era individuata nell'espulsione con il ritorno immediato nel paese di origine.

Solo alla fine del 1986 abbiamo la prima legge in materia di immigrazione, periodo in cui si avverte la necessità di un intervento da parte dello Stato che esprima la volontà di regolarizzare i flussi migratori, tenendo conto anche dei diritti degli stranieri.

L'immigrazione: caratteri generali e leggi di Emanuela Cimmino

Donna in una baraccopoli del Kenya

Ascoltando le scosse di un missionario come don Battista Cimino, che riesce a trasmettertele raccontandoti delle sue esperienze in Burundi e in Kenya («camminando insieme ad altre persone facevamo attenzione, piegandoci i pantaloni, a non sporcarci di merda, alla fine sono caduto in una pozzanghera di merda»; «c’è tanta sofferenza dovuta alle malattie come la febbre ebola, alle morti causate da infezioni genitali provocate alle donne tramite mutilazioni; c’è tanta miseria e la gente povera quando vede persone come noi è contenta e inizia a parlare, pur sapendo che il più delle volte noi non abbiamo niente da dare in senso materiale»; «è quasi impossibile salvare bambini malati di aids che superano i diciotto mesi»; «abbiamo distribuito milioni e milioni di preservativi ma i poveri non li usano perché a volte non li sanno usare ma soprattutto perché, per loro, un figlio è dono di Dio»; «la cosa più bella è accarezzare la guancia di un bambino nero», «sono sempre allegri»; «in alcune tribù le donne scoprono il seno come segno di fertilità»), resti fermo, senza parole e inizia una specie di interrogatorio che ti assale e vivi un senso di vergogna, di impotenza, di vuoto.


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