I flussi di immigrazione in Italia alla luce dell'ultima regolarizzazione

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I FLUSSI DI IMMIGRAZIONE IN ITALIA ALLA LUCE DELL’ULTIMA REGOLARIZZAZIONE

Scheda a cura del “Dossier Statistico Immigrazione” Caritas/Migrantes

Scheda realizzata nell’ambito del progetto Equal (U.E.Min. del Lavoro)
L’immagine degli immigrati in Italia tra media, società civile e mondo del lavoro

La conoscenza dei paesi di origine dei lavoratori immigrati che hanno presentato domanda di regolarizzazione nel 2002 consente di inquadrare la pressione migratoria determinatasi a partire dal 1999 e, per grandi linee, anche quella relativa al prossimo futuro.
All’inizio di febbraio erano circa 42.000 le domande di regolarizzazione tra respinte (15.241) e archiviate per irreperibilità degli interessati (26.410), 636.000 quelle concluse con la concessione di un permesso di soggiorno e altre 16.000 ancora in fase di istruttoria. Si può realisticamente ipotizzare che, alla fine, saliranno a 650.000 i permessi di soggiorno concessi ai lavoratori interessati (il 92% delle 704.000 domande presentate).
L’attenzione viene qui concentrata sulla pressione migratoria evidenziata dai nuovi venuti. Se ai soggiornanti registrati all’inizio del 2003 (1.512.324) si aggiungono le domande di regolarizzazione e i minori a carico dei genitori, si arriva ad un totale di 2,5 milioni che, per giunta, nel corso del 2003 deve essere stato superato in forza dei nuovi arrivi.

Indice

Coordinamento Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes

Polarizzazione delle domande di regolarizzazione

Nelle domande presentate per la regolarizzazione del 2002 si riscontra una maggiore polarizzazione per gruppi nazionali: la Romania (147.947 domande, 21,0% del totale) e l’Ucraina (106.921, 15,2% del totale) detengono, insieme, più di un terzo delle istanze presentate, mentre per quanto riguarda i soggiornanti si arriva a una quota simile soltanto sommando le cinque nazionalità più numerose: Marocco, Albania, Romania, Filippine e Cina Popolare.

Come ulteriore riprova di questo processo di polarizzazione occorre rilevare che tra le domande di regolarizzazione le prime 10 nazioni arrivano al 75% del totale, mentre tra i soggiornanti si fermano al 51%. La regolarizzazione, quindi, si presenta come un’occasione straordinaria a disposizione specialmente dei paesi a forte pressione migratoria.

Concentrando l’attenzione sulle nazioni di appartenenza, è evidente che le aree maggiormente coinvolte sono i paesi dell’Europa Centro Orientale e dei Balcani (che, semplificando, chiameremo Est Europa), del Subcontinente Indiano e dell’Estremo oriente (Filippine e specialmente Cina Popolare).
Tra le prime 10 nazioni per numero di domande di regolarizzazione 5 sono dell’Est Europa (Romania, Ucraina, Albania, Polonia, Moldavia) e totalizzano 371.364 domande, pari al 52,7% di tutte quelle presentate. Ad esse si aggiungono altri 16 paesi, sempre della stessa area, per un totale di 414.000 domande (quasi il 60% del totale).
Nei confronti dell’Est Europa, la regolarizzazione ha esercitato una funzione di anticipazione del processo di allargamento che lascia presagire la continuità dei flussi anche nel futuro, addirittura con un aumento dell’intensità per alcune nazioni.

Pressione migratoria in atto

Per rilevare la pressione migratoria in atto possiamo calcolare l’incidenza delle domande di regolarizzazione sui soggiornanti già registrati dal Ministero dell’Interno. Si constata così che, rispetto alla media d’aumento di tutta la popolazione immigrata (51,8%) dovuta alla regolarizzazione, si verificano aumenti di eccezionale portata per alcuni paesi:


• di due volte per la Polonia, la Romania e la Bulgaria;

• di tre volte per la Bolivia;

• di quattro volte per l’Ecuador;

• di cinque volte per la Moldavia;

• di otto volte per l’Ucraina;

Per tutti gli altri gruppi nazionali il dinamismo è differenziato. Infatti si collocano


• sensibilmente al di sotto al di sotto della media (aumento del 31-35%):
Marocco, Albania, Nigeria e Colombia;

• poco al di sotto della media (40%): India e Senegal;

• poco al di sopra della media (poco più del 50%): Cina, Perù, Egitto, Macedonia, Russia, Bangladesh, Pakistan e Algeria;

• parecchio al di sotto della media (20%): Filippine, Tunisia, Sri Lanka, Brasile, Croazia, Ghana e Jugoslavia.

La nuova graduatoria dei paesi dopo la regolarizzazione

Per stilare una graduatoria provvisoria dei gruppi nazionali abbiamo sommato il numero dei soggiornanti con il numero delle domande di regolarizzazione, senza tenere conto in questo calcolo né della percentuale (8%) delle domande respinte, né dei minori a carico dei rispettivi genitori.

Per effetto della regolarizzazione si sono determinate notevoli modifiche.
In precedenza, infatti, la graduatoria dei primi dieci paesi di provenienza dei soggiornanti, includeva nell’ordine:
Marocco, Albania, Romania, Filippine, Cina Popolare, Tunisia, Stati Uniti, Jugoslavia, Germania, Senegal.
Dopo la regolarizzazione questo elenco ha conosciuto significativi spostamenti di posizioni, dei quali l’area maggiormente protagonista è stata l’Est Europa. In particolare, la Romania sale in graduatoria dal terzo al primo posto, l’Ucraina si porta dal 27° al 4° posto, la Polonia dal 12° al 7°, la Moldavia dal 41° al 17°. Perdono, invece, posizioni la Jugoslavia e la Macedonia.
Cina Popolare, Filippine, Tunisia e Senegal mantengono all’incirca le loro posizioni, aumentando quanto a numero di immigrati ma non quanto a incidenza percentuale sulla popolazione immigrata.
In America Latina il Perù passa dal 14° all’11° posto, mentre l’Ecuador sale dal 30° al 10°.
In Asia guadagnano qualche posto solo Pakistan e Bangladesh, mentre il contrario avviene per le Filippine e, in misura meno consistente, per l’India.

Il dinamismo dei flussi per aree continentali

I flussi di lavoratori e lavoratrici connessi con la regolarizzazione consentono di evidenziare il protagonismo differenziato delle aree continentali.

In particolare, i paesi dell’Unione Europea e dello Spazio Economico Europeo, che già godono della libera circolazione, non rafforzano la loro consistenza per effetto della regolarizzazione. Così avviene anche per gli altri paesi a sviluppo avanzato, i cui cittadini non trovano difficoltà per ottenere i permessi di soggiorno.
L’incidenza più rilevante spetta all’Est Europeo che quasi raddoppia il numero delle presenze a seguito della regolarizzazione con 414.000 domande presentate. Si tratta dell’aumento più vistoso non solo in termini numerici, ma anche percentuali (89,4%).
Dopo l’Est Europa seguono l’Asia Centro Meridionale e Orientale che, insieme, giungono a 93.688 istanze di regolarizzazione, l’Africa del Nord (86.351 domande), l’America Latina (72.457 domande) e quindi l’Africa Occidentale (31.140 domande), mentre gli altri paesi dell’Africa subsahariana, presi nel loro insieme, non arrivano a 4.000 domande.
Per percentuale di aumento, seppure lontane dal valore dell’Est Europa, si segnala l’America Latina con il 56,5% mentre le altre aree hanno una media di circa il 33% e l’Asia Centro Meridionale si colloca di poco al di sopra (39,2%).
Per spiegare questo andamento occorre considerare diversi fattori, che si compongono in maniera differenziata tra di loro: l’effetto di richiamo dei gruppi già precedentemente insediati in Italia (fattore di base per tutte le aree); la facilità di ingresso nel nostro paese grazie al regime dei visti (Est Europa); il particolare apprezzamento dei lavoratori di determinate aree per lo svolgimento di mansioni nel settore della collaborazione domestica (Est Europa e America Latina) o nel settore industriale (Est Europa) o i quello agricolo (India); la vicinanza (Nord Africa, Balcani, Est Europa) o, viceversa, la lontananza geografica (America Latina, Africa Subsahariana, Asia Centro Meridionale e Orientale); la maggiore pressione migratoria ricollegabile a un alto tasso demografico (non riscontrabile nei Balcani e nell’Est Europa) e al deficit di sviluppo (diffuso, seppure in diversa misura, in tutte le aree a forte pressione migratoria).

Riflessione sulla programmazione dei flussi migratori

È consuetudine tra gli studiosi cercare di collegare la riflessione sui risultati delle regolarizzazioni con quella sulla programmazione dei flussi e ciò torna quanto mai opportuno anche in questa occasione.

Non si può ritenere che con la regolarizzazione del 2002 sia stato soddisfatto una volta per tutte il fabbisogno di manodopera aggiuntiva del mercato occupazionale italiano, tanto è vero che l’Eurispes ha già ipotizzato la ricostituzione di un consistente numero di irregolari sulla cui entità, peraltro, è al momento difficile pronunciarsi.
Tuttavia, presupponendo che la regolarizzazione del 2002 abbia recuperato buona parte dell’immigrazione sommersa costituitasi a partire dal 1998 e ripartendo le 704.000 domande presentate nei quattro anni di riferimento (1999, 2000, 2001 e 2002) si arriva a un fabbisogno del mercato occupazionale italiano di 176.000 unità in aggiunta alle quote programmate ufficialmente. Si desume, pertanto, che il fabbisogno annuale di lavoratori aggiuntivi per inserimento stabile in Italia è attualmente di circa 200.000 unità. In effetti Unioncamere, attraverso il sistema Excelsior, aveva ipotizzato già per il 2003 la necessità di 224.000 lavoratori aggiuntivi per il settore del lavoro dipendente. Si può, anzi, aggiungere che questa richiesta andrà col tempo aumentando a seguito della crescente diminuzione dei lavoratori italiani tra i 19 e i 40 anni e della ipotizzata fase di ripresa economica.
Il nostro mercato non avrà bisogno solo di lavoratori qualificati. Nel 2002 la ripartizione delle 659.847 assunzioni annuali di lavoratori extracomunitari, compresi i rapporti stagionali e a tempo determinato, indica l’esigenza diffusa di operai in agricoltura, nell’industria e nei servizi e di addetti alla cura delle famiglie. Queste persone, seppure impiegate in mansioni solitamente di non elevata qualificazione nonostante il loro livello di scolarità, sono per noi di grande utilità e hanno pieno titolo ad inserirsi nella società italiana.

Sono evidenti i limiti dei vigenti meccanismi di programmazione e di gestione del mercato occupazionale. Non solo le quote non sono adeguate ma è anche scarso il collegamento tra domanda e offerta di lavoro, prima facilitato dalla possibilità di venire in Italia con la formula della sponsorizzazione e ora imperniato unicamente sulla chiamata nominativa, seppure integrata dalle possibilità di formazione all’estero, che senz’altro utili ma non risolutive. Anche per i lavoratori soggiornanti in Italia si pone il problema di collegare aree bisognose di manodopera con altre che hanno un surplus di lavoratori immigrati, obiettivo questo che è stato reso più difficoltoso dalla riduzione da 12 a 6 mesi del periodo di disoccupazione in caso di perdita del posto di lavoro.
Nel settore della collaborazione familiare e dell’assistenza domestica l’immissione di più di 300.000 persone regolarizzate non ha fatto venir meno le cause del fabbisogno aggiuntivo. Tuttavia, i nuovi ingressi potrebbero essere ridimensionati parzialmente nella loro entità se si pensasse di stimolare, sostenere fiscalmente e qualificare l’imprenditorialità degli immigrati nella creazione di cooperative di servizio e assistenza familiare, in grado di seguire con lo stesso lavoratore o la stessa lavoratrice più famiglie. Inoltre, tenuto conto non poche assistenti domiciliare dell’Est Europeo sono persone sposate interessate a lavorare presso le famiglie italiane solo per una parte dell’anno e ad avvicendarsi con altre connazionali, servirebbe una sorta di permesso stagionale anche in questo settore che meglio tutelerebbe una rotazione che di fatto già esiste.
E’ una constatazione statistica che l’Italia è un grande paese di immigrazione: si tratta ora di perseguire al riguardo una politica lungimirante.

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