| Partiamo
                              dalla musica. Rino,
                            Raiss, degli Almamegretta, con
                            voce potente e mediterranea, canta e dice del Sud,
                            specie in un brano che, per intensità e colore, dei
                            suoni e delle parole, vanifica ogni sterile
                            accademia sul Mezzogiorno. Allude alla febbre, usa
                            termini come "sangue", "vene", "fronte".  Fra
                            altri documenti, sempre musicali, si scopre una
                            specie di diario del giovane Voltarelli,
                            appena universitario a Bologna. Il cantante del
                            Parto scrive, in Quattro racconti al dottor
                              Cacciatutto, di un ossessivo orgoglio
                              d'appartenenza. Si sentiva profondamente
                            meridionale e, per questo, diverso dai bolognesi e
                            dagli altri studenti. Era un vanto, un pregio, a suo
                            modo un blasone. Voltarelli, che narra in discreto
                            dettaglio i primi passi fuori sede, ammette, più
                            avanti, che le sue convinzioni dipendevano, in
                            realtà, da un inquieto senso di subordinazione.  Ancora
                            Raiss, in un celebre pezzo degli Alma, sottolinea,
                            anche con l'ambiguità d'una voce frusciante, come la
                            gente del Sud sia stata od abbia voluto essere "sempre
                              sotto". La condizione è forse cambiata?
                            Piergiorgio Giacchè, in Nel Sud, senza bussola,
                                  L'ancora del mediterraneo,
                              Napoli, 2002, scrive: "L'Italia è (…) da tempo
                            in prima fila nella ricerca di un passaggio a
                            nord-ovest; ma non si tratta soltanto di una
                            rincorsa storica per non restare 'indietro',  ma soprattutto di una
                                ricollocazione geografica che le permetta di non
                                sentirsi fuori". Il libro affronta il
                            tema della improponibilità, dunque della
                            proponibilità, della questione meridionale. 
                          L'avvocato
                            e intellettuale Alfonso Luigi Marra,
                            che ritengo un fine provocatore - in un momento in
                            cui di provocazioni s'avverte l'urgente bisogno -
                            disse, anni fa, che il Sud non decolla perché "la
                              sua anima non è animata dal coraggio" 
                          
                            Prima
                              di discutere delle possibilità di sviluppo,
                              infatti, andrebbe svolta una onesta riflessione
                              sulle vere nostre disgrazie. Si
                            osserva che nel Mezzogiorno
                            c'è una notevole spesa privata; dunque, il danaro
                            arriva e circola ugualmente. Si deve capire, perciò,
                            in che modo è impiegato il capitale disponibile, si
                            tratti di forme di assistenzialismo, fondi
                            comunitari per l'impresa, statali, regionali od
                            altro. Ci sono, in Nel Sud, senza bussola, delle
                            pagine felici e molto belle sull'attualità della
                            questione meridionale, se questa espressione
                            vogliamo mantenere, oggi connotata diversamente
                            rispetto agli anni di transizione dopo le guerre,
                            rispetto agli anni dell'urbanizzazione, di scelte
                            determinanti dei governi locali e agli anni delle
                            politiche centrali di giusto sostentamento. L'Unione
                              Europea ,
                            la moneta unica, l'ordinamento sopranazionale,
                            ancora trascurato, le grandi strategie delle grandi
                            potenze, la
                              politica dell'Impero, per stracitare Negri,
                            e, più in generale, la rivoluzione occidentale
                            dell'economia e del linguaggio, toccano soprattutto
                            il Sud (e il sud), che fino a ieri l'altro si
                            difendeva con la rassegnazione, il lamento,
                            l'attesa. Io
                                  credo che va abbandonato ogni atteggiamento di
                                  rinuncia alla propria determinazione. Non si può più
                                mendicare. È
                                necessario avere una visione concreta dei fatti.  Francamente
                            non comprendo, a riguardo, il riformismo generale e
                            generico di Massimo Cacciari,
                            piuttosto diffuso in Italia. In particolare, quando
                            affronta il tema del rapporto fra l'Europa e
                            l'economia direzionata, di là dalle
                              articolate riflessioni sull'utilità di collocarsi
                              entro i processi attivi di un assetto
                              politico-economico senza più confini,  Cacciari
                            sembra trascurare il fatto che il Sud è
                              sempre e tragicamente passivo nelle relazioni di
                              potere.  In
                            termini più chiari, l'Europa è vista, sia pure
                            indirettamente, come blocco coeso di forze omogenee,
                            come realtà bella e fatta, bella e pronta. Invece,
                            nonostante tutto, Messina e Catanzaro, tanto per
                            fare un esempio, sono diversissime rispetto a Prato
                            e Lodi o, addirittura, altre città dopo le Alpi.  Il
                            discorso è complesso. Nel merito, con grande
                            semplificazione, è lecito asserire, tuttavia, che il
                            gap culturale, sociale ed economico può essere
                            ricondotto alla scarsissima partecipazione dei
                            soggetti politici - intesi nel senso più ampio -
                            alla cosiddetta ingegneria sociale.  Giovanni
                              Russo parla di schizofrenia del Sud. Se c'è una schizofrenia,
                            in ambito pubblico, significa che non esistono
                            controlli di natura politica, giuridica o razionale.
                           Scrive
                            Russo: "Comincerei con il caso di San Gregorio
                              Magno nell'avellinese dove, accanto ai vecchi
                              'container' del dopo terremoto andati facilmente
                              distrutti per la loro struttura in plastica da un
                              incendio in cui sono morti diciannove ricoverati
                              per malattie mentali, era sorto uno stadio costato
                              ventidue miliardi di lire, su cui si sono svolte
                              pochissime partite di calcio ma vi andavano
                              piuttosto a pascolare le pecore".  In
                            pieno disaccordo con Giacchè, che,
                            in qualche modo, riduce a sociologismo la famosa
                            inchiesta dei coniugi Banfield in
                            Lucania, penso che il familismo amorale serve ancora
                            a spiegare, con l'ovvio concorso di fattori altri,
                            la persistente arretratezza del Mezzogiorno. Il Sud non può dirsi evoluto, a
                                mio avviso, per via delle nuove possibilità di
                                produzione e per l'adeguamento di molte famiglie
                                allo standard di vita del ceto medio italiano.
                            Al Sud la vita costa di meno. Il sud (e il Sud)
                              è terra vergine per molti investimenti, anche
                              culturali - si pensi ai programmi di Connected Intelligence
                            a Lisbona, trasformata dopo l'Expo. Al Sud, però, non ci sono,
                                ancora, su larga scala, delle efficienti
                                strutture socio-sanitarie,
                                  formative, culturali. Dovrei
                            affrontare il problema del territorio, della
                            pianificazione e del progetto. Rinvio, per questo,
                            ai lavori di Alberto Ziparo, che,
                            peraltro, in un deciso articolo sul Manifesto del 13
                            settembre u.s., ha offerto importanti riferimenti
                            circa il rapporto fra abusi, illegalità e interventi
                            (?) sul territorio. Non ci si può illudere con il
                            conforto della statistica. Gli addetti ai lavori lo
                            sanno bene. Scrive
                            Giovanni Russo: "Come osservava il
                            rapporto del Censis 2001, il
                            Mezzogiorno per la prima volta dà un'immagine di sé
                            in movimento. (…) Il Censis dimostra che la
                              crescita delle imprese è superiore da oltre due
                              anni a quella del Centronord, la disoccupazione è
                              in discesa e le esportazioni sono aumentate di
                              entità e di valore". E, qualche riga dopo,
                            prosegue: "L'autostrada Salerno-Reggio
                              Calabria è ancora, nonostante i lavori di
                              ampliamento, quasi nelle stesse
                              condizioni di cinquant'anni fa".  Riguardo
                              al trasporto ferroviario i terribili ritardi
                              rimangono la regola: la rete, da Napoli
                            in giù, è vecchissima. Attraversa, con la sua
                            lentezza, un paesaggio assolato e variopinto, che
                            rapido passa le trasparenze della costa e la
                            compatta solidarietà degli alti monti. Le attività
                            utili non possono concorrere alla pari con quelle
                            del Centronord, anche a causa del costo del danaro -
                            come ha rilevato più di qualcuno.  C'è un fatto, poi, che sembra
                                non interessare parte dei dirigenti e degli
                                intellettuali meridionali. Le condizioni del sistema sono
                                tali da obbligare alla partenza moltissimi
                                giovani laureati.  Il
                            mondo è cambiato in modo rapidissimo. Questo è vero.
                            È altrettanto vero che, se non è più un dramma
                            emigrare, il Sud non è in grado di
                              bilanciare le perdite di forza lavoro.
                            Senza retorica, non va dimenticato che la
                            Costituzione è cambiata; che le regioni
                              dispongono, sulla carta, di ampia autonomia,
                            seppure alquanto opinabile nei contenuti; che la
                            Toscana, la Liguria, il Veneto e la Lombardia,
                            giusto per esempio, hanno da parecchio una maturità
                            politica, culturale e sociale per gestire le proprie
                            risorse; che, per dirne una, la Regione Calabria,
                            a torto o a ragione, non di rado fa cattiva
                              pubblicità di sé, come nel caso dei
                            concorsi pubblici - pare riservati - dell'agosto
                            2002 (L'Espresso, 17 ottobre 2002, pag. 17).  È vero
                            che si insiste, per lo sviluppo del Sud, sulle "possibilità
                              taumaturgiche del culto della bellezza".
                            È vero, cioè, che si pensa al turismo come chiave di
                            volta, o di svolta. Non ho mai sopportato strategie
                            a senso unico. Se, parimenti, non c'è una convinta,
                            concreta e corale disamina della dimensione locale -
                            per rubare una felice espressione cara a Stefano
                              De Martin -, il
                                  Sud rimarrà soltanto il comodo polo della
                                  speculazione. 
                          
                            Partiamo dalla realtà locale, con la
                                  nostra identità e le nostre forze, consapevoli
                                  che, per andare avanti nel contesto globale, è
                                  necessaria una ricostruzione.  È
                                    necessario rinunciare ai privilegi, ai
                                    favori, ai giochi di complicità.  È
                                  necessario seppellire un passato presente
                                  fatto di menzogne e silenzi.  Bisogna
                                  abituarsi alle regole.  Bisogna
                                  responsabilizzarsi, riappropriarsi del
                                  politico - giustamente (e sempre) specifico,
                                  secondo Ricoeur.  Bisogna
                                  agire e reagire.  Ci vuole
                                  una nuova dirigenza, che
                                  non rimanga immobile; che
                                  sappia battersi concretamente, con impegno e
                                  sacrificio; che non scenda a patti e che
                                  abbia, come tutti,
                                  il coraggio di denunciare. EMILIANO
                                MORRONE |